Berberina per il colesterolo
Berberis aristata
E’ una pianta originaria delle regioni meridionali del Sud-America, ma cresce spontaneamente anche nelle zone dell’Africa Settentrionale; appartiene alla grande famiglia delle Berbidaceae, di cui distinguiamo il Berberis vulgaris, più noto come il crescione, il Berberis aquifolium, detta anche uva dell’Oregon e Berberis aristata, la più ricca in un alcaloide isochinilinico quaternario la cui struttura chimica è caratterizzata da 4 anelli benzenici condensati con un atomo di azoto interposto fra il secondo e il terzo anello. La Berberina è possibile ricavarla anche da altre specie di Berbidaceae, ma da questa fonte è la più abbondante.
Nei secoli passati le specie botaniche contenenti Berberina sono state principalmente utilizzate come rimedio per il trattamento delle infezioni, batteriche, virali ma anche protozoarie, e i disturbi gastro-intestinali (specialmente nella medicina cinese).
Numerosi studi scientifici ne hanno evidenziato le proprietà antimicrobiche nei confronti di diverse specie batteriche, funghi e protozoi. La Berberina risulta particolarmente efficace nelle forme aggressive di diarrea sostenuta da batteri, ma anche in caso di parassitosi intestinale. Oltre a espletare un’azione antibatterica diretta, la Berberina ha dimostrato di poter ostacolare le enterotossine prodotte da Escherichia coli e dal Vibro cholerae, e di inibire l’adesione dei microorganismi alle cellule epiteliali.
Effetti ipoglicemici e ipocolesterolemizzanti della Berberina
Questi successi terapeutici conosciuti e verificati in molte ricerche, non hanno impedito ai suoi sostenitori di utilizzare la stessa sostanza per abbassare valori anomali di colesterolo plasmatico ma anche livelli alterati di glicemia, a digiuno e post-prandiale.
Trattasi di successi della medicina naturale del tutto “fortuiti”, poichè pazienti diabetici o ipercolesterolemici affetti da infezioni batteriche e in trattamento con la Berberina, dimostrarono nel breve arco di tempo di beneficiare di un miglioramento dei parametri plasmatici di glicemia e colesterolo alterati.
Queste osservazioni furono fatte nel 1988, ma non produssero un grande interesse clinico; solo nel 2004 un gruppo di ricercatori ha presentato su una prestigiosa rivista “Nature” un lavoro ben organizzato e dall’alto valore scientifico in cui due diversi gruppi di pazienti, controllati con placebo, confermavano le osservazioni precedenti e sancivano in via definitiva l’attività specifica della Berberina nell’agire positivamente sia nel comparto glicemico che colesterolemico.
Detto studio è risultato particolarmente interessante dal momento che l’azione farmacologica (meccanismo d’azione) manifestata dalla Berberina si mostrava totalmente diversa da quella dei più famosi farmaci anticolesterolo (le statine), quindi, con nessuna interferenza con l’enzima HMGCoA-reduttasi, responsabile anche degli effetti collaterali più importante di questa classe di farmaci (disturbi muscolari e disturbi epatici).
Berberina e statine insieme e a dosaggi ridotti
Oltre a quanto finora riportato è stato dimostrato che la Berberina poteva anche comportarsi come “special herb bioenhancer”, cioè data in associazione con una statina, al fine di potenziarne l’attività farmacologica consentendo di diminuire i dosaggi della statina stessa, pur potendosi ottenere successi terapeutici maggiori rispetto a quando le due sostanze venivano date separatamente.
In particolare, somministrando 500 mg di Berberina e 10 mg di statina si otteneva un abbassamento del colesterolo pari al 45%
Oggi, in ambito nutraceutico si preferisce utilizzare come statina la monacolina K (sostanza estratta dal Monascus purpureus) che agisce con gli stessi meccanismi dei farmaci sintetici, cioè bloccando l’enzima HMG-CoA-reduttasi, ottenendo così una diminuzione della produzione di colesterolo plasmatico endogeno.
L’azione delle due sostanze è sostenuta dall’osservazione che sia la statina naturale che la Berberina aumentano la disponibilità biochimica del recettore delle LDL, anche se è la Berberina a correggere l’azione negativa mostrata dalla statina su un particolare enzima (PCSK-9), responsabile dell’espressione genica del recettore delle LDL (a causa di ciò le statine devono essere somministrate a dosaggi più elevati 20-40 e addirittura 80 mg, dosi alle quali è facile l’insorgenza di effetti collaterali), rendendo più forte (sinergica) l’azione farmacologica delle due sostanze prese contemporaneamente.
Berberina ed effetti ipoglicemici: rationale
Detto della casuale scoperta di questa attività, la sua azione specifica ipoglicemizzante è dovuta a diversi fattori quali l’aumento dell’espressione dei recettori GLUT-1-, GLUT-4 (proteine esistenti nelle vicinanze delle membrane cellulari e favorenti l’ingresso di molecole indispensabili, in questo caso il glucosio: in particolare il GLUT 4 è attivato dall’insulina favorendo la captazione delle cellule muscolari o adipose di glucosio; oggi esistono nuovi farmaci che agiscono appunto su questi trasportatori-facilitatori ottenendosi ottimi abbassamenti della glicemia ematica), e a livello mitocondriale l’incremento dell’attività di AMPK, a sua volta capace di determinare un aumento del processo mitocondriale di utilizzo del glucosio per la formazione di ATP o l’energia essenziale per tutte le cellule e tessuti dell’organismo (e in definitiva un abbassamento dei livelli di glucosio circolanti).
Limiti dell’efficacia della Berberina
Complicati meccanismi di competizione biochimica fra molecole rendono gli estratti della Berberis aristata poco assorbiti dall’organismo (ridotta biodisponibilità farmacologica) rendendo incostanti i risultati ottenibili nella pratica clinica,e costringendo il terapeuta ad aumenti di dosaggi per ottenere risultati clinici accettabili.
Per semplificare possiamo dire che la Berberina anche se assorbita a livello intestinale ne viene poi estrusa da meccanismi interni alle membrane cellulari (< dell’1% della dose viene effettivamente riscontrata nel sangue).
Recenti studi hanno mostrato che se si somministrava contemporaneamente la Silimarina (un estratto vegetale derivato dal Cardo mariano, noto per le sue proprietà epato-protettrici) in un particolare rapporto stechiometrico, i livelli di Berberina aumentavano in modo significativo rendendo possibile un trattamento con risultati clinici ripetibili.
Quindi, in conclusione la Berberina risulta essere sicuramente fra le sostanze vegetali più attive a patto di somministrarla due volte al giorno con una adeguata quantità di Silimarina.
In commercio non sempre viene rispettata questa osservazione sperimentale, rendendo di fatto poco attive le formulazioni che non contengono quantità specifiche di Silimarina. La dose di un integratore di Berberina è di 500 mg due volte al dì ai pasti.
Effetti collaterali
Essendo una spezia la Berberina potrebbe dare bruciori di stomaco (ed infatti, si raccomanda la sua assunzione ai pasti); sono segnalati anche casi di stipsi (ricordiamo che la Berberina è un antidiarroico che può indurre disidratazione delle feci); sono possibili effetti quali meteorismo e flatulenza. In generale la pianta e il suo estratto principale risultano sicuri e ben tollerati
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