Omega 3 e Omega 6 e il metabolismo dei grassi
Introduzione
I grassi o lipidi rappresentano una delle componenti più importanti di una alimentazione corretta e sono ampiamente distribuiti negli organismi viventi dove sono responsabili di funzioni strutturali e metabolico-energetiche.
I grassi sono formati da acidi grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi (catene carboniose caratterizzate da un radicale finale -COOH e da una catena lineare o con un doppio legame o con più doppi legami).
Dal punto di vista chimico la lunghezza della loro catena carboniosa è variabile e di solito hanno un numero pari di unità di carbonio, anche se catene dispare sono presenti in natura.
Nel nostro organismo li ritroviamo frequentemente legati con legame esterico o amidico a vari composti anche loro di natura lipidica,in particolare sottoforma di trigliceridi, fosfolipidi, esteri del colesterolo, alcoli alifatici, cere, sfingolipidi.
Nel sangue li ritroviamo scarsamente rappresentati come acidi liberi (FFA): infatti meno dell’1,5% rispetto a tutti i lipidi circolanti.
Biochimica
La loro presenza è strettamente correlata al cibo che introduciamo nella nostra alimentazione: generalmente nell’organismo dei mammiferi sono presenti lipidi in prevalenza sottoforma di trigliceridi come espressione di utilizzo di olio, burro, carni e formaggi, ma esiste una quota direttamente sintetizzata dall’organismo.
La loro formazione avviene soprattutto nel fegato, e in quantità minore in tessuti, quali il sistema nervoso centrale, i neutrofili, le piastrine e i miociti. Per una loro suddivisione e schematizzazione didattica distinguiamo:
- Acidi grassi con catena carboniosa corta (SCFA), come l’acido butirrico con 4 atomi di carbonio; tale acido ricopre un importante ruolo nutritivo e protettivo per la mucosa e struttura del colon;
- Acidi grassi a catena media (MCFA) almeno fino a comprendere una struttura di 12 atomi di carbonio, caratterizzati da una funzione energetico-metabolica (come ad es. l’acido caproico, ac. caprilico e l’ ac. caprico rispettivamente da 6, 8 e 10 atomi di catrbonio) e appunto l’ac. laurico da 12 unità carboniose;
- Acidi grassi a catena lunga (LCFA) fino a 18 atomi di carbonio, svolgenti un ruolo energetico, strutturale e metabolico; di questi ac. a catena lunga riconosciamo l’acido miristico a 14 atomi di carbonio, l’acido palmitico a 16 atomi di carbonio e l’acido stearico a 18 atomi di carbonio: tutti questi acidi hanno una struttura lineare e sono saturi (assenza di doppi legami); il loro ruolo è quello di formare i trigliceridi sia presenti nel circolo sanguigno che nei tessuti di riserva, ma anche come componenti delle membrane cellulari; un altro acido a catena lunga, detto ac. oleico, appartiene alla categoria dei monoinsaturi, svolgendo un ruolo come moderatore dei livelli del colesterolo ematico (derivato dall’olio di olivo).
- Sempre appartenenti agli ac. a catena lunga troviamo LCFA polinsaturi, rappresentati dall’ac. linoleico e dall’acido linoleico i cosiddetti acidi grassi essenziali;
Esistono, inoltre, acidi grassi a catena molto lunga superiore a partire da 20 atomi di carbonio in su, sempre poliinsaturi (VLCFA distinti in ω-3, ω-6, ω-9 con i loro derivati prostaglandine, trombossani e leucotrieni, come da tabella.
Gli acidi grassi essenziali sono cosiddetti in quando l’organismo non è in grado di fabbricarli da solo e necessitano di essere presenti nelle diete: vengono generalmente suddivisi in due classi più importanti, ω-3 ed ω-6, ma distinguiamo anche un ω-7 (ac. palmitoiloleico) e un ω-9 (acido oleico); la loro sigla identifica il primo doppio legame che si verifica a partire dalla posizione del -CH3 iniziale della molecola.
Le prime due classi derivano dall’acido α-linolenico (18:3 ω-3) e successivamente dall’acido linoleico (18:2 ω-6) entrambi provenienti dal mondo vegetale.
I microsomi epatici e cerebrali sono in grado di allungare o desaturare successivamente questi acidi grassi principali introdotti con la dieta, e da loro si formeranno poi gli eicosanoidi e i mattoni formanti le membrane cellulari e mitocondriali.
Ruolo fisiologico degli Omega 3 e Omega 6, Omega 7, Omega 9
Negli ultimi cento anni l’alimentazione dell’uomo si è andata via via modificandosi con il passaggio da uno stile di vita e da una società prettamente contadina a una vita sempre più caotica di stampo industriale.
Certamente, al di là delle differenze alimentari anche notevoli da nazione e nazione e da continente a continente, è fuor di dubbio che da qualsiasi parte osserviamo il fenomeno risulta evidente che assistiamo a un aumento anche considerevole del consumo di grassi soprattutto animali.
Se analizziamo più da vicino questo fenomeno ci accorgiamo che accanto a un aumento dell’assunzione di grassi, sbilanciamenti anche notevoli si sono instaurati quando prendiamo ad esempio il rapporto omega 6/omega 3 (normalmente dovrebbe essere 3-4:1) e oggi attestatosi con un forte disallineamento verso gli omega 6 anche di 15:1!
Se facciamo ancora riferimento allo schema precedente (sequenza della cascata degli acidi omega 3 e 6) e considerando che gli enzimi denominati delta-desautorasi 5 e 6 sono gli stessi che l’uomo può utilizzare per allungare gli acidi grassi o per saturare i doppi legami (desaturare), questo significa che un’alimentazione spostata verso i grassi animali (del tipo omega 6!) diminuirà ulteriormente l’ottenimento degli omega 3 (che derivano dal pesce, ma anche da olii vegetali) e ciò porterà a una sintesi non corretta di PGE2 (Prostaglandine infiammatorie, e pro-aggreganti le piastrine) non correttamente bilanciate dalla formazione di PGE1 e 3 (che invece svolgono gli effetti contrari anti-infiammatori e non favoriscono l’aggregazione piastrinica (appunto effetto modulatorio di controllo, garantito da una corretta assunzione di omega3 !!!).
Sempre facendo riferimento allo schema precedente e considerando la forte competizione fra le delta desautorasi, anche complicate da effetti anagrafici che le fanno scarseggiare decadi dopo decadi, indipendentemente dalla alimentazione, ecco che una dieta arricchita con acidi grassi polinsaturi a lunghissima catena come la serie degli omega 3 denominati DHA e EPA, già ottenuti preformati come tali e cioè presenti negli olii di pesce e nelle alghe, è in grado di contrastare i danni di una alimentazione dove prevalga un rapporto omega 6/omega 3 sbilanciato.
Questi due acidi grassi (DHA, EPA) una volta presenti nel circolo ematico, vengono utilizzati direttamente dalle cellule, previa metabolizzazione epatica (attività gestita dai microsomi): in parte potrebbero servire come produzione di energia e in parte vengono integrati nelle membrane cellulari, garantendone la flessibilità tramite incorporazione nelle strutture fosfolipidiche (fosfaditilcolina e fosfoditilserina).
In definitiva queste molecole di acidi grassi poliinsaturi agiscono come fossero sostanze simil-ormonali, prendendosi carico e indirizzando alcune funzioni cellulari che riguardano le attività citoplasmatiche e di membrana, ma anche influenzando positivamente l’organismo con compiti di regolazione di processi, quali la gestione di stati infiammatori acuto-cronici, la regolazione della pressione arteriosa, l’ipersensibilità bronchiale e l’aggregazione piastrinica.
DHA ed EPA (acidi grassi poliinsaturi della serie omega 3): aspetti clinico-patologici
Il grande interesse scientifico scaturito intorno a queste sostanze è dovuto principalmente a svariati studi clinici che hanno confermato osservazioni epidemiologiche a carico della popolazione degli Esquimesi: infatti, questa popolazione mostra una correlazione inversa fra assunzione di pesce e la frequenza di attacchi cardiaci e mortalità cardiovascolare.
I risultati di questi studi confermano che assunzioni di DHA ed EPA quotidianamente sono in grado di limitare l’increzione dei trigliceridi in circolo, svolgere azioni protettive sull’aterosclerosi, sull’aggregazioni piastriniche anomali (quindi prevenzione di fenomeni trombotici e alterazioni del ritmo cardiaco.
L’ulteriore analisi di tali risultati ha dimostrato inequivocabilmente che diete alimentari simili alle abitudini alimentari degli Esquimesi (che si nutrono principalmente di pesce) sono in grado di manifestare riduzioni significative della mortalità cardiovascolare, morte improvvisa e riduzione delle patologie cardiovascolari in genere.
Tabella Fonti di DHA esogeno
Uso clinico Dosaggio:
Prevenzione secondaria delle
malattie cardiovascolari: 1-2 g/die come apporto dietetico o supplementazione
Ipertrigliceridemia 2-4 g Wang C et al, 2004)
Artrite reumatoide 90 mg/Kg; mantenimento 45 mg/Kg per 8-12 settimane A (Balk E et al, 2004).
La Biosalts propone per la produzione conto terzi un integratore specifico a base di acidi grassi poliinsaturi essenziali denominato Omega 3 Plus in perle di gelatina contenente olio di pesce titolato al 20% in DHA ed EPA al 40% per ogni singola perla.
In etichetta sono riportati i seguenti ingredienti: Olio di pesci ottenuto da fonti rinnovabili di pesce azzurro non da allevamento, addizionato con Vit. E (D-alfa-Tocoferolo) 6,5 mg pari a una VNR del 54% come azione anti-irrancidimento, gelatina alimentare, glicerolo come agente di resistenza ed Olio Essenziale di Limone come fragranza.
Effetto fisiologico del prodotto: L’assunzione di 250 mg di Epa e DHA contribuisce alla normale funzionalità cardiaca; il DHA alla dose di 250 mg al giorno concorre al mantenimento dellla normale funzione cerebrale e a una capacità visiva normale; infine, EPA e DHA (2 gr. al giorno) contribuiscono al mantenimento di livelli normali di trigliceridi nel sangue.
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