Integratori proteici, attenti al “protein spiking”
Gli integratori proteici in polvere rappresentano uno dei prodotti più venduti per la nutrizione sportiva. Ad oggi, nel vecchio continente, questo tipo di supporti alimentari costituisce la scelta principale di tutti gli sportivi che vogliono mantenere o incrementare la propria muscolatura.
L’aumento della domanda però ha fatto registrare un notevole calo della qualità, dato che, specie su internet, si trovano prezzi ridicoli che spesso nascondono tecniche di produzione discutibili messe in atto da alcuni produttori senza scrupoli.
In questo articolo vogliamo parlare nello specifico del “protein spiking”, una metodologia adottata da alcune ditte per risparmiare sui costi di produzione. Essa consiste nel “tagliare” la materia prima protidica con alcuni composti aminoacidici non proteinogenici, al fine di mantenere elevata la quota proteica del prodotto finito.
Integratori proteici e protein-spiking, ovvero come elevare la quota proteica
Trattasi di una metodologia ai limiti della regolarità concernente l’utilizzo di substrati azotati economici in sostituzione parziale della fonte proteica dichiarata.
Molte aziende espongono sui loro siti internet alcune analisi di laboratorio che tengono in considerazione solamente la quota azotata della polvere proteica senza evidenziare la quantità dei singoli aminoacidi, ovvero i componenti delle proteine.
In condizioni normali, poichè ogni aminoacido apporta azoto, misurare la presenza dello stesso nel protide dovrebbe di per se indicare quante proteine apporta. Questo presuppone però che tutti i produttori siano onesti…
E’ qui entra in gioco il “protein o amino spiking”, ossia quella pratica riguardante l’aggiunta alla polvere di aminoacidi poco costosi come glicina, taurina e altri, allo scopo di elevare la quota proteica e fuorviare il consumatore al momento dell’acquisot.
Altra metodologia spesso riscontrata nei prodotti scadenti riguarda l’innesto di composti azotati non proteinogenici come la creatina e la beta alanina che, invece di rappresentare un “plus-valore”, impoveriscono in questa circostanza la qualità del prodotto rendendolo meno efficiente nel suo ruolo di supporto “plastico” alla rigenerazione tissutale.
Infine citiamo l’utilizzo del collagene idrolizzato, una proteina molto utile per l’elasticità ed integrità dei nostri tessuti che però non partecipa alla sintesi di nuove proteine muscolari.
Queste tre tecniche consentono al fabbricante di ridurre notevolmente il quantitativo effettivo di materiale proteico utilizzato (ad esempio le siero proteine del latte), a favore di sostanze molto più economiche come le sopracitate.
Protein Spiking negli integratori proteici: facciamo qualche esempio
Mettiamo che tu stia osservando le caratteristiche tecniche di alcuni barattoli prima di effettuare l’acquisto, tra le varie diciture riportate in etichetta leggi 25g di proteine e 5g di creatina, ma nella tabella nutrizionale e nel profilo aminoacidico non vi è presenza dell’aminoacido.
Ciò può significare che in verità tu potresti consumare solo 12g di proteina pura con 5g di creatina, 4g di glicina e 4g di taurina aggiunti. Senza l’elenco di tutti gli aminoacidi semplicemente non puoi saperlo.
Fattori determinanti la qualità di un integratore proteico
Elenchiamo ora alcuni aspetti da tenere in considerazione prima di acquistare questa tipologia di supplementi, e quindi:
1) miscela di ingredienti protidici, i blend proprietari servono in realtà solamente ad occultare l’effettiva quantità del singolo macronutriente allo scopo di nascondere i principi attivi meno costosi ed efficaci;
2) livelli di leucina, una whey protein, ad esempio, dovrebbe contenerne minimo 2,5g su 25g di polvere, quindi dubita se questo rapporto è inferiore al 10%.
3) il 25% di siero proteine deve essere composto da aminoacidi ramificati, così da apportarne minimo 6,25g su 25g.
4) Il costo per dose dichiarata di proteine è sensibilmente inferiore alla media, se lo stesso prodotto costa mediamente 40 euro al Kg, non puoi pretendere di acquistarlo a molto meno; nessun maggiore volume di produzione di questa o quella azienda giustificherà mai forbici di prezzo così ampie come quelle che troviamo su internet.
Come potrai osservare, oltre alla fonte utilizzata nonchè al valore biologico e quindi alla biodisponibilità della stessa, esistono altre peculiarità importanti da verificare quando si vogliono utilizzare questo tipo di supporti.
Come riconoscere un integratore proteico scadente
Consigliandoti quindi di leggere attentamente la tabella nutrizionale, gli ingredienti e soprattutto lo spettro aminoacidico, prima di effettuare l’acquisto è necessario che tu verifichi anche la presenza di quantitativi insoliti di glicina, taurina e alanina su tutti.
Fatto questo potrai poi focalizzarti sugli altri aspetti che possono ridurre la qualità del prodotto finito, come ad esempio:
- la presenza di composti glucidici tipo le maltodestrine o peggio ancora destrosio o sciroppo di fruttosio, carboidrati inseriti nella miscela esclusivamente per migliorarne il gusto addolcendolo e riducendo il retrogusto artificiale e amaro causato dall’utilizzo di aromi ed edulcoranti scadenti.
- qualità e quantità degli aromi, poichè trattasi sempre di additivi alimentari non processabili dal nostro sistema digestivo che, se inseriti come “coprenti” in quantità eccessive, possono determinare gonfiore intestinale e diarrea.
- percentuali di sodio, molti integratori proteici contengono elevati quantitativi di tale sale minerale che, se non consumato con moderazione, può causare ipertensione e ritenzione idrica.
Conclusioni
In questo articolo abbiamo spiegato a grandi linee alcune delle tecniche più utilizzate per abbassare i costi di produzione di un integratore proteico; ci siamo soffermati sul “protein spiking” elencando inoltre ulteriori fattori che contribuiscono positivamente o negativamente sulla qualità della polvere proteica e più nello specifico del siero di latte.
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